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Si abbatte un aereo sul fronte nemico, un aereo che volava troppo lontano per essere vero ed egoista. Mangiava foglie di grano senza dubitare affatto della considerazione di menti superiori. Veleggiava in fondo al mare come se si indisponesse della superficie pianeggiante e monotona della notte. E quella luna era fin troppo piena col suo illuminare ogni casa dai tetti bruni e ogni foglia nera che non sorgeva e non desiderava altro. Perplesso sul da farsi inventò una macchina del tempo che gli potesse servire da autista verso coste lontane dove ognuno è libero di giudicare i propri errori senza che altri giudichino i tuoi. Un luogo lontano dove le novelle non sono nuove e non sono buone e dove solo la neutralità e la meschinità dello stesso fogliame si apre al libro dell’universo. Comprensibili nuvole di vapore stancavano ogni dardo di fuoco scaturito da lunghi discorsi arsi per mano di un filosofo per nulla innocuo. Imbattendosi su quel muro con tanta violenza che la morte poteva apparire solo una solitudine in compagnia. Folle ogni cosa che destava la sua attenzione e lui stesso non riusciva a destarsi. Sogni che non finiscono o che finiscono troppo in fretta. Che in fondo è la stessa cosa.

1 commento:

  1. "(...) e scrivevo fantasie che spesso mi sembravano senso, e suscitavano in me resistenze.
    perché fincheè non intendiamo il significato, tali fantasie sono un diabolico miscuglio di sublime e di ridicolo. Sottopormi ad esse mi era penoso, ma era il destino ad esigerlo. (...) dovevo accettare la sorte, e dovevo tuttavia osare impadronirmi di quelle immagini, poiché altrimenti correvo il rischio che fossero esse ad impadronirsi di me"

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