edges of illusion


Leggero, scombussolato, colmo. Riesco a concentrarmi sui suoi dettagli, li assaporo, li annuso, li comprendo. Più che suoni sono echi, ci sono, esistono ma fanno finta di non esserci. Si ripetono continuamente per farci captare nella loro totalità. Poi c’è il sassofono, lì su 6, 7 note, non di più, ma riesce a dire qualcosa. Non dice nessuna verità, nessuna certezza, non ti da nessun perno fisso a cui appenderti, a cui fissarti, col quale salvarti. Poi diventa una specie di dialogo e il sassofono cerca di sfogarsi, cerca di corteggiarmi, di attirare la mia attenzione e io mi abbandono, poi riemergo, poi affondo. Intanto il mare su cui queste voci riecheggiano si perpetua nelle stesse onde e quelle onde sembrano diventare più forti ma in realtà sono sempre le stesse e ti danno un certo senso di sicurezza, ma solo se sai come prenderle. Sono sempre onde. Impossibili da prevedere e da dominare. Emozioni. Impossibili da prevedere, da dominare. Poi il tutto cresce. Cambia qualcosa. Brividi, nel braccio sinistro. Assurdo e impossibile. Le onde sembrano seguire le voci sulla barca. La barca comanda adesso. È lei che detta le regole e le onde si adattano. Ma è solo illusione. Ma è una illusione meravigliosa, è una armonia angelica, è di una tenerezza agghiacciante e sembra tutto di cristallo che finge di essere delicato e ci riesce benissimo. Poi… si smorza la volontà. Le onde riprendono il loro ritmo intrinseco e le voci si adattano. E riprende il primo sassofono e mi fermo a pensare. Diventa tutto più banale, e tutto si fa serio e rimango a guardare le onde adesso, ignoro per un po’ il sassofono e rimango ad ascoltare quelle voci continue e soprattutto la più acuta che scandisce tutte le altre.

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