scelte

Luce e sole. La strada deserta. Camminavo sentendo musica interiore, martellante, saturante. Fuori il silenzio. Guardavo i miei piedi, uno dopo l’altro cercavano di raggiungersi e nella loro danza inutile mi permettevano di concludere qualcosa di attivamente meccanico.
Ad un tratto tutto rallentò. E riuscivo a percepire ogni piccolo movimento di ciò che mi circondava… sentivo il cuore battere più lentamente, il mio respiro più cupo e profondo e vedevo proiezioni spaziali prima di me stesso poi delle foglie, degli alberi, delle macchine, delle altre persone. Ogni cosa iniziò ad avere più direzioni, più sensi, più fini contemporaneamente e io li vedevo. E la mia traiettoria diventò un miscuglio di possibilità infinito, ogni mio movimento comprendeva in sé infiniti movimenti. La macchina poteva andare dritto o girare o venire verso di me e investirmi, o mancarmi di pochi centimetri e io rimanevo fermo e da fermo una proiezione di me continuava a camminare, un’altra tornava indietro, un’altra attraversava la strada, un’altra calpestava una foglia che poi volava e andava su quell’albero e rimaneva incastrata e cadeva e non si era mai mossa dal marciapiede e si sgretolava sotto il mio passo e io urlavo, morivo, capivo, dimenticavo, camminavo, mi sedevo, mi coricavo, correvo, cantavo, mi grattavo, mi accarezzavo, ringhiavo, giravo, volteggiavo, parlavo e la città tremava e un palazzo cadeva e tutte le macchine si ritrovavano a fare la stessa strada o tutte strade diverse e piangevo ed ero felice e il cielo si annuvolava, spuntava il sole, pioveva e il vento mi faceva volare il foglio che tenevo in mano e il foglio si perdeva per sempre e lo ritrovavo dopo tre passi, se mai li avessi fatti e la calma più assoluta si impadroniva di tutto e la tempesta. Poi le possibilità riempirono tutta la mia visuale e la percezione di ogni mio senso, ogni rumore e ogni suono possibile si accavallava l’uno sull’altro e diventava un unico sibilo, terribile e tenebroso e gli odori diventavano insopportabili e... SBAM! Mi fermai sul marciapiede col foglio in mano e una foglia sotto il piede destro. Passò una macchina, dopo qualche metro girò e la persi. Una signora dall’altro lato mi fissava. Il silenzio. E continuai a camminare.

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