calde lenzuola di agosto

Il fuoco è alle porte. O forse no, ma a me piace pensare così. La luna, l’altra volta, sembrava un accenno di fuoco. Il fuoco ieri lo deridevo. Stasera è qui, dietro la montagna e lo aspetto. Lo temo e lo voglio. Il fuoco. Il fuoco annuale brucia ciò che è inutile e mette paura. Non fa altro. Non c’è più nulla di utile da bruciare. Ma il fuoco è la chiave. Il terzo fuoco, non lo so. L’eroe gode della sua paura. Mai come ora l’eroe gode della sua paura. È dinamismo il fuoco ed è quindi mortale. Controllo… è meraviglioso. Nella notte, nel buio pesto in lontananza un serpente lunghissimo di fiamme che giocano in fila nella montagna. Più vicino il fumo rosso da dietro quella rupe. Non si vedono le fiamme e fa ancora più paura. Un attimo di brivido. Un rumore, uno squittio, qualcosa che cade dall’albero e si muove velocissimo fra le foglie in direzione opposta al fuoco. I topi fuggono anche se le fiamme sono lontane. Loro iniziano a fuggire. Io aspetto che quel fumo colorato diventi fiamma. Perché sono convinto di saperlo affrontare, di saperlo domare. Lo voglio. La tensione è minima ma facilmente godibile. Assaporabile. Non aspetto nulla e aspetto continuamente qualcosa. La cosa più triste stasera sarebbe andare a letto tranquillo. Il fuoco lontano, nella sicurezza della casa e nel caldo delle lenzuola d’agosto. È un abisso nel quale mi calo lentamente e piacevolmente. So che più vado giù, meno luce vedo dell’apertura e più difficile sarà tornare indietro perché tutti sanno che la discesa è sempre più facile. Ma l’abbandono e il suo desiderio è troppo forte. Barcollo attanagliato all’albero maestro di una nave che va a fuoco ma non affonda. Non ancora. E guardo. La cosa che mi piace di più è dare fuoco alla mia nave per vedere lo spettacolo del fuoco che annerisce il legno e lo contorce. Poi lo colora e lo annerisce ancora. Senza pensare che ci sto io su quella barca. E mi piace far pensare agli altri che sto solo sognando. Che in realtà sono a terra, fra le calde lenzuola di agosto. Tutti sanno e io so che loro lo sanno e vogliono salire nella barca con me. Ma non sarà facile. In due si va a fondo più velocemente e poi sarà difficile trovare un legno che accolga tutti. Uno di noi dovrà affondare per salvare l’altro senza saperlo e senza volerlo. Bell’eroe… eppure nel fresco di questo strano vento d’agosto inizio a percepire il calore del fumo rosso che mantiene la sua inconsistenza e non si scopre. Forse non si scoprirà mai o forse aspetta anche lui che prima vada a chiudere gli occhi fra le calde lenzuola di agosto. Vuole punire la mia presunzione. Verrà il momento in cui sarà troppo tardi per sognare. E a quel punto potrò solo guardare senza agire intrappolato dal fuoco da ogni lato anche da quello che avevo tenuto bagnato in caso di emergenza. Il fuoco asciuga l’acqua, le lacrime e la carne. E fra le lacrime e la carne c’è troppo poco spazio. È pericoloso. Troppo. E davvero non mi spiego come la zucca sia rimasta per tutto questo tempo lì, infilzata per gioco sul cancello. A terra l’avrebbero divorata e io senza volerlo l’ho salvata, la zucca morta. Nulla di importante ma i pensieri vanno riferiti tutti. Controllo… cazzo… il fuoco è tanto ma è lontano. Brucerà la valle e la montagna ma non la mia casa. O meglio. Neanche ci tenterà. Anche se so di avere a che fare con un demone ingannatore. E in realtà lo spero. È come se avessi bisogno di aver qualcosa da raccontare e da scrivere. Le storie non so inventarle. Forse nessuno lo sa fare. So solo che per adesso il fuoco è protagonista. E non mi va di fare il poeta, mi verrebbe troppo facile, ma le reazioni sono imprevedibili e forse non desiderate. Da me. Il vento è freddo ma soffia verso di me. Buona sorte malvagia. Era meglio ora che alle 4 di notte. Finora ho dormito nella tensione di dover vivere gli stessi momenti vissuti. Dormi bene solo quando sogni qualcosa che non hai motivo di vivere. E il caldo non aiuta. Pensavo di amarlo. Chissà quale strano gusto estetico non dichiarato nemmeno a se stessi hanno nascosto i creatori del fuoco che sto ammirando. È un’opera d’arte nella notte. “c’avissiro a tagghiari i manu” urla mia nonna mentre cerca di spiegare a mio nonno cieco e disorientato da che parte troneggiano le fiamme. Io li iscriverei ad un corso di pittura, gli incendiari. Dopo avergli tagliato la mano sinistra. Giusto per renderli più creativi. Un po’ come Van Gogh.
Nulla di più eccitante dell’attesa. E piccoli ricordi fastidiosi. Che delusione se capissi che una volta ottenuto ciò che vogliamo diventa tutto così noioso. L’irrealtà incombe e perdi ogni sorso di sanità che hai bevuto senza assaporarlo. Meglio così. Meglio il fuoco. Fino a quando il calore non diventa troppo fastidioso e troppo reale.

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