a sevilla arrivano aliti di venti tropicali nel tentativo di rodere gli azulejos che resistono grazie all'acqua perenne che li bagna. a sevilla l'acqua che sgorga ovunque dalla sabbia protegge gli amanti di patio de banderas dietro tende bianche così sottili che però filtrano poco gli sguardi sorridenti di altri amanti. a sevilla, quando il caldo è così prepotente da far socchiudere gli occhi dei viandanti, trovi rifugio nei bar di triana e in piccole porzioni di sapore servite nella carta umida del migliore olio della spagna e la notte lo stesso calore lo ritrovi in vigorosi e minacciosi passi di un flamenco che non puoi solo ascoltare con le orecchie.
a córdoba sopra la mezquita le rondini volano in cerchi vorticosi sul patio fra gli aranci. e gridano le rondini mentre si inseguono; non sembra che stiano giocando, piuttosto cercano con angoscia un qualche significato, qualcosa che li faccia uscire da quell'ipnosi della finta libertà di volare. fino a quando qualcuno ne esce e scappa verso il fiume e lui quel giorno non morirà di sete intrappolato nella perfezione che solo un occhio lento potrebbe vedere in quelle linee nere come la pece che assorbe senza restituirlo il torrido calore di quel sole dell'africa. a cordoba non esiste l'ombra finchè non scende la sera e si diffonde l'odore aspro della manzanilla che stagiona nelle botti decorate da sobri e saggi colori ebrei.
a granada i gitani hanno fabbricato labirinti di pietra dove la mente si perde nella meraviglia di ogni angolo e nel profumo di sambuco. gli arabi hanno creato qui i fiumi e intorno li hanno arricchiti di palazzi e di giardini e hanno catturato tutte le piante del mondo e le hanno allevate come figlie, decorandole di gioielli e acconciature da principesse ed esaltato le loro fragranze per donare un assaggio di paradiso a chi forse non lo potrà godere nell’altra vita. a granada i piedi si stancano ma ti chiedono di continuare a guardare ogni sasso che incontrano e ti portano via strappandoti la promessa di tornare, magari accanto all’ombra di altri passi che non fanno promesse ma che sanno che qualunque sia la strada, la voglia di camminare è ancora tanta.
a córdoba sopra la mezquita le rondini volano in cerchi vorticosi sul patio fra gli aranci. e gridano le rondini mentre si inseguono; non sembra che stiano giocando, piuttosto cercano con angoscia un qualche significato, qualcosa che li faccia uscire da quell'ipnosi della finta libertà di volare. fino a quando qualcuno ne esce e scappa verso il fiume e lui quel giorno non morirà di sete intrappolato nella perfezione che solo un occhio lento potrebbe vedere in quelle linee nere come la pece che assorbe senza restituirlo il torrido calore di quel sole dell'africa. a cordoba non esiste l'ombra finchè non scende la sera e si diffonde l'odore aspro della manzanilla che stagiona nelle botti decorate da sobri e saggi colori ebrei.
a granada i gitani hanno fabbricato labirinti di pietra dove la mente si perde nella meraviglia di ogni angolo e nel profumo di sambuco. gli arabi hanno creato qui i fiumi e intorno li hanno arricchiti di palazzi e di giardini e hanno catturato tutte le piante del mondo e le hanno allevate come figlie, decorandole di gioielli e acconciature da principesse ed esaltato le loro fragranze per donare un assaggio di paradiso a chi forse non lo potrà godere nell’altra vita. a granada i piedi si stancano ma ti chiedono di continuare a guardare ogni sasso che incontrano e ti portano via strappandoti la promessa di tornare, magari accanto all’ombra di altri passi che non fanno promesse ma che sanno che qualunque sia la strada, la voglia di camminare è ancora tanta.
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