l'uomo dei sogni

C’era una volta un uomo di nome Ipnos che viveva nei sogni della gente. Era abituato a vedere persone volare, sentire il tempo dilatarsi e lo spazio trasformarsi improvvisamente. La sua giornata iniziava la notte quando tutti andavano a dormire e lui sceglieva qualcuno che lo ospitasse nel proprio sogno. La gente continuava a scambiarlo per qualcun altro e a chiamarlo con nomi sempre diversi, tant’è che non riusciva più a ricordarsi quale fosse il suo.

Una notte, dopo aver fatto l’amore con una donna che sognava il suo amante e dopo essere fuggito da un terribile incubo di un bambino che il giorno prima aveva colpito e ferito un cane con l’arco che gli aveva costruito il padre, si imbatté in un sogno senza immagini. Incuriosito da questa oscurità rimase a lungo ad attendere che succedesse qualcosa. C’era un meraviglioso profumo di cioccolato al latte, ne sentiva l’inconfondibile sapore un po’ troppo dolce misto ad una calda sensazione di estranei ricordi giovanili dell’odore forte e rassicurante di una mamma senza lineamenti che prepara una torta. Improvvisamente sentì toccarsi il volto e una voce maschile gli chiese chi fosse. Non capitava spesso che la gente lo interrogasse in maniera così diretta e sfacciata e lui, come era solito fare in casi simili, disse parole biascicate e insensate per lasciare che l’immaginazione del suo ospite facesse la propria parte nell’attribuirgli l’identità di qualcuno a lui conoscente. Ma l’uomo ripeté la domanda con una lucidità che Ipnos non aveva mai sentito. Non sapendo che rispondere disse semplicemente: - sono un sogno… tu chi sei? – sono un sognatore cieco dalla nascita. – è per questo che qui è tutto così scuro? – credo di sì, io non conosco altro che questa realtà, non so cosa siano le immagini o le forme o i colori, ne ho solo sentito parlare dalla gente, ma non posso davvero capirli.

Ipnos, pensieroso continuò a fargli altre domande, ma l’altro iniziò a sognare di parlare con suo cugino di quanto fosse morbido il sedere di non so quale donna incontrata anni fa e altro di cui la mattina dopo si stupì e vergognò profondamente. Ipnos capì che quello del suo ospite era solo uno di quei rarissimi momenti fugaci di coscienza nel sogno. Ma rimase impressionato: anche lui in fondo non conosceva altro che questa realtà fumosa e mutevole, anche lui aveva sentito parlare di una realtà più reale di questa ma non poteva fino in fondo comprenderla. Per due anni ogni notte andò a trovare quell’uomo senza riuscire più a parlare sensatamente con lui, fino a quando quella oscurità gli diede tanto fastidio da decidersi ad abbandonarlo per cercare risposte alle sue confuse domande altrove.
-->[1]

Dopo aver attraversato ogni sorta di sogni, dai più osceni ai più romantici a quelli più realistici e crudeli, una assolatissima notte d’estate si intrufolò in una vecchia casa in riva al mare e in una stanza fresca con una finestra spalancata, Ipnos trovò se stesso che dormiva. Si guardava ed era così serenamente assopito che senza accorgersene iniziò a camminare in punta di piedi. Girò intorno al letto, perplesso e attento come un bambino davanti uno specchio. Si accovacciò lì vicino sul pavimento per sentire il suo respiro profondo e perdersi nel fruscio delle lenzuola bianche sul suo petto che gli donava inspiegabilmente un senso di pienezza e pace. Dopo un po’, mentre stava ancora seduto lì solo con se stesso, sentì all’improvviso delle voci giovani e allegre provenire dal mare e, dalla porta semiaperta, entrò una ragazza che distrattamente rideva guardando dietro come se qualcuno da fuori le stesse ancora parlando di qualcosa di divertente. Una volta dentro chiuse la porta e si avvicinò al letto, si sciolse i capelli, sistemò il cuscino e gli accarezzò il viso. Poi mise un vaso sul davanzale della finestra, lo riempì di acqua di mare e ci infilò delle ginestre profumate. Infine prima di andare via sembrò notare Ipnos seduto a terra che la guardava incantato e come se lo avesse riconosciuto, accennò un sorriso.

La sentì ridere e chiacchierare mentre dietro di sé echeggiava solo il suono di un mare levigato dalle lame dello scirocco. Il sole calò e dopo il tramonto anche l’uomo dei sogni andò via, lasciandosi dormire e sognare come sempre.

[1] [NdA: il vecchio cieco dovette andare da uno psicoanalista perché ossessionato da uno strano sogno ricorrente in cui percepiva un uomo che a volte riconosceva come suo cugino parlargli in una lingua astrusa, incalzandolo con domande incomprensibili e angoscianti]

Nessun commento:

Posta un commento