still


un affresco sul tetto ritrae una scena di battaglia medievale con una distesa infinita di cavalli e stendardi dai colori smorti. gente in abito da sera balla e beve vino. in una veranda due uomini discutono e fumano sigarette. il fumo sale di qualche centimetro senza disperdersi, poi svanisce alla brezza dell’aria notturna. un cane nero abbaia all’unico lampione spento della strada sterrata che porta alla villa. un quarto di luna crescente si cela dietro velature di nubi. all’angolo est della casa, il più lontano dall’ingresso, c’è una catena e la cuccia di legno del cane, con incisi ai bordi i suoi denti e i suoi artigli. accanto, un cancelletto verde, sporco di terra e polvere, chiuso da un chiavistello arrugginito. dietro il cancelletto, delle scale buie che scendono fino ad un giardino d’alloro semi abbandonato davanti il pendio roccioso della collina che delimita il confine della villa. a terra, grandi pietre rossiccie sconnesse con intorno rovi di rose abbandonate. nascosto tra i rovi un altro piccolo cancello basso in ferro battuto e altre scale di pietra mal ridotte che scendono fino a quelle che sembrano le fondamenta della casa. alla fine delle scale a sinistra una porta alta un metro e ottanta di legno marcio, aperta a metà. dentro c’è un basso corridoio umido con una vecchia credenza con sopra un marmo spaccato e dei libri che odorano di muffa e un sacchetto di veleno per topi rosicato. più avanti si apre una stanza grande con una candela al centro e intorno immense librerie con ante a vetri, stracolme di libri antichi. tra due librerie in fondo a destra un’apertura che porta ad una stanza triangolare, alla cui punta si trova un unico materasso pulito con sopra delle lenzuola rosse e una coperta di lana, anch’essa rossa, arrotolata malamente sopra il cuscino. il letto è debolmente illuminato da un cunicolo sul tetto, chiuso da un vetro, lungo una decina di metri da cui si può veder ballare la gente svariati piani sopra. in particolare la frangia di una gonna blu di una donna dai capelli neri come la pece che guarda negli occhi un uomo sul ciglio della porta che entra lentamente dall’ingresso laterale del piano superiore. lui ricambia lo sguardo e si ferma; la porta semichiusa dietro di lui, la luce fioca di poche lampade intorno a loro. la finestra a due metri da lei dà sull’unico lampione spento della strada sterrata. la musica copre l’abbaiare del cane. il fisarmonicista guarda il cappello che gli è appena caduto. una donna grassa ride a crepapelle indicando all’amica la veranda con i due uomini che fumano. l’amica la guarda stupita e irritata, la mano destra che tiene la borsa le trema impercettibilmente e le guance sono rosso fuoco. dietro la porta laterale semichiusa c’è il quarto di luna velato e l’odore del fumo degli uomini entra nella stanza insieme all’aroma dell’alloro che il vento porta fin lì. nella libreria dalle rifiniture di madreperla accanto alla porta c’è un libro antico, dalla copertina scolorita e illeggibile. nello scaffale sotto, una bottiglia di whisky vuota con dentro una rosa rossa secca. davanti al camino il pavimento di marmo specchia l’affresco del tetto solo se guardato dall’angolazione dell’uomo sul ciglio della porta che guarda la donna col vestito blu. continuano a fissarsi negli occhi, con espressione intensa e pacatamente feroce. lui fa ancora un passo avanti verso di lei senza lasciare la presa sulla maniglia della porta. poi gira la testa verso la libreria, vede il libro e la rosa secca, si tocca la tasca destra della giacca nera, poi torna indietro, chiude la porta e va via.